Baciami senza la paura della rete
Il mondo dei blogger rappresenta tipicamente questo modo di concepire la realtà. C’è chi è diventato famoso semplicemente commentando qualsiasi cosa, anche senza averne alcuna esperienza. Fanno del chiacchiericcio misto a innumerevoli foto della propria quotidianità (perché il blogger ti informa su cosa mangia o sui propri calzini, oppure su tutte le persone che incontra) il loro fondamento esistenziale. Una vita basata sulla presunzione che il proprio esserci sia interessante per gli altri. Una personalità che potrei definire «molto vuota di sé»: la loro celebrità è inversamente proporzionale alla qualità del loro curriculum.
Ero ai tavolini di un bar di provincia, prendevo un caffè con la mia compagna e accanto a noi erano seduti due ragazzi, una coppia, entrambi piegati sullo smartphone. Giocavano a Ruzzle, ognuno la propria partita. Sono stati lì parecchio tempo, in silenzio, concentrati sul proprio dispositivo, isolati, senza conversare. Sarebbe stato facile trarre conclusioni sul loro modo di passare la serata, e certamente noi traemmo le nostre, non lo ricordo. Era il 2012, questo modo di stare soli anche insieme esisteva già prima, non ha smesso di esistere dopo.
Fossi stato Crepet dopo quella serata avrei sentenziato che tutte le coppie che si distraggono contemporaneamente col proprio smartphone sono afflitte da un qualche disturbo relazionale o isolamento comunicativo. O addirittura che tutte le coppie, anche con lo smartphone in borsa o nelle tasche dei pantaloni, quel disturbo ce l’hanno già. Avrei puntato il dito, gridato al lupo, chiesto di stare attenti alle nuove tecnologie, alla deriva sociale che ci sta causando la rete, e accusato internet.
Perché è un po’ così che mi sembra sia stato scritto “Baciami senza rete”, che mi ha incuriosito per il titolo e che ritengo interessante anche se lo reputo il peggior libro che abbia letto nel 2018. È un attacco aperto e totale, a tratti angosciante, all’innovazione e ai cambiamenti relazionali, individuali e comportamentali che le nuove tecnologie potrebbero avere causato a noi fruitori. Attacchi spesso palesemente senza coscienza dell’ambito di riferimento, come per la citazione in alto.
Nel libro non sono riportate notizie false, a mio avviso, ma considerazioni esagerate. Scrive di cose che vanno pinzate e lette con cura, distanziando il testo dagli occhi, senza farsi trasportare dal chiacchiericcio misto a innumerevoli e individualistici aneddoti del certamente importante curriculum di Paolo Crepet che, rispetto ai temi, pare abbia «una personalità che potrei definire molto piena di sé».