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Tra gioco e autorità

Non lo so se è un difetto o un pregio, questa cosa che mi entusiasmo con dei nuovi flussi di lavoro e che, dopo un po’, mi rendo poi conto che la via vecchia era migliore della nuova. È successo qualche mese fa con Microsoft To-Do.

Ero in scadenza di abbonamento con Todoist e contemporaneamente l’applicazione di Microsoft dava segnali di miglioramenti graduali e incoraggianti: nel giro di pochi giorni ho quindi fatto lo switch da un’applicazione all’altra, cinicamente, senza voltarmi a guardare indietro. Ne ero entusiasta, lo ammetto.

L’infatuazione è durata un paio di settimane: ammetto anche questo. Sono poi tornato ad usare Todoist per la gestione delle mie attività quotidiane. Non c’è storia.

I motivi fondamentali che avvantaggiano ancora oggi Todoist, per il sottoscritto ovviamente, sono:

  • il riconoscimento delle date di scadenza con linguaggio naturale;
  • l’assegnazione di progetto, label e priorità durante la scrittura di un task, senza staccare le mani dalla tastiera;
  • le API e le integrazioni con app di terze parti;
  • il markdown per la scrittura di attività e di commenti;
  • le componenti aggiuntive per Firefox e i Chromium-like browser;
  • l’assenza dell’invasività di Microsoft nella mia vita digitale.

Qualche giorno fa To-Do è stata ancora pesantemente aggiornata da Microsoft, rendendola esteticamente molto simile alla compianta Wunderlist (che, tra l’altro, il founder rivorrebbe indietro), acquistata nel 2015. L’avanzamento è palese, è evidente che ci stiano scommettendo. Ancora una volta mi è venuto il tarlo di provarla, d’altronde anche Todoist non è perfetta.

Ma siamo ancora su due livelli differenti. Una è un gioco, l’altra un’autorità.