Astrattamente tutelati
Google chiuderà i rubinetti di Google Photos. La trovo un’ottima occasione per riflettere e ripensare seriamente a due cose, entrambe importanti.
La prima, legata strettamente al tema fotografia, è la bulimia di scatti che produciamo e conserviamo seppur senza meritarlo. La seconda, forse più importante, è la fiducia che affidiamo ai servizi cloud, gratuiti o a pagamento che siano, e a quanto ne siamo diventati dipendenti.
Da quando è nata mia figlia non ho fatto altro che usare la fotocamera del mio smartphone, molto più di prima, molto più di quando usavo una reflex. E ho conservato tutto: foto scattate bene, foto scattate male, foto a occhi chiusi, foto sfocate. Google archivia tutto, che bisogno c’è di cancellarle? Non ne ho mai fatto una seria selezione. Ecco, oggi mi viene offerto lo spunto per iniziare.
Come Google anche Dropbox, Amazon, Microsoft, Apple, Box e tanti altri offrono spazio gratuito per gestire foto e documenti. Ma i nostri dati sono realmente al sicuro? Sono davvero tutelati? Quando le aziende decideranno di cambiare le logiche di storage dei nostri documenti, quanto costerà realmente il trasferimento da una piattaforma all’altra? Forse è arrivato il momento di iniziare ad adottare soluzioni self-hosted?
Non ho risposte, e non perderò l’occasione di rifletterci. Ma intanto ho già un account Google One. Mi sento falsamente tutelato. Le mie foto sono ancora astrattamente al sicuro, finché Google non deciderà diversamente.