Cosa potrà più sorprenderci
Quando la musica la ricercavo e non mi investiva sulle piattaforme di streaming, ascoltavo musicassette. Di originali ne avevo poche, qualcuna era mixata by Erry, comprata al mercato; altre masterizzate con qualità ancora peggiore o registrate alla radio. Poi, come allegato a una rivista in edicola, venne pubblicato in regalo un CD.
Non ne avevo mai visto uno: era un singolo di Luca Carboni e oggi fa ridere anche me, se ripenso a quanto abbia desiderato ascoltarlo. Non per la musica – non ne apprezzavo il genere, diciamocelo: bramavo di poter infilare quel compact disk in un lettore e ascoltarne il suono. Ma di lettori non ne avevo: di conseguenza, ancora di più, desideravo vederlo.
Di tanto in tanto lo sfilavo dalla custodia in cartoncino e ne osservavo la parte ottica, quella inferiore, la più luminosa, la più sorprendente. Che diavoleria era mai quella? Che bellezza! E pazienza fosse Carboni: era un oggetto bellissimo. Ero estasiato. O almeno lo ero fino all’ascolto, ma questa è un’altra storia. Era diventata una droga: lo prendevo, lo tiravo fuori e lo osservano, poi lo rimettevo a posto. Decine di volte.
Come questa meraviglia, ricordo con tanta tenerezza verso me stesso le prime volte che riuscii ad accedere a Internet: mi collegavo da un 56K, rabbrividivo al suono del modem, accedevo con Internet Explorer alla homepage di Libero.it – era il mio fornitore di connettività – e mi scollegavo entro pochi secondi, per poi consultare offline le notizie di prima. Un’altra rivoluzione.
E poi il primo TomTom, gli acquisti online, i social network e l’iPhone.
Oggi la tecnologia è la normalità, è le azioni di tutti i giorni. Osserviamo cose straordinarie semplificate fino all’inverosimile, viviamo le scoperte con l’approccio di chi ne sa tante, ci stupiamo un attimo ma poi scrolliamo le spalle in attesa del prossimo annuncio entusiasmante. Cosa potrà più sorprenderci?
La scienza e la tecnologia stanno rallentando la loro capacità di generare conoscenza rivoluzionaria? […] un articolo pubblicato su Nature e firmato da Russell Funk, della Minnesota University, e colleghi, sembra dimostrare che la risposta possa essere affermativa. Analizzando 45 milioni di paper scientifici e quasi 4 milioni di brevetti, secondo gli autori dell’articolo, si deduce che le novità proposte sono meno dirompenti che in passato.
Argomentando che sì, può essere vero, ma la scienza progredisce anche in via teorica e che molto spesso la percezione del pubblico sullo stato dell’innovazione viene supportata da un’efficace comunicazione, ne approfondisce Luca De Biase.
La tecnologia si è evoluta e ci ha evoluti. Non smetterò mai di ringraziare chiunque abbia investito anche un solo secondo per portarci dove siamo oggi. Sta rallentando la sua capacità dirompente e rivoluzionaria? Forse. Forse no. Certamente sta rallentando la nostra capacità di stupirci.
Quella curiosità, quella meraviglia, quel desiderio lo ricordo con nostalgia e con affetto. È inevitabile. Cosa potrà più sorprendermi?