Diventare un ipergalattico
Esistono decine di corsi online che promettono in sei mesi l’apprendimento delle competenze necessarie a diventare un programmatore professionista e come tale essere cercato e pagato, garantendo una valida preparazione al mondo del lavoro e una più rapida assunzione. Lo scrivono nella loro homepage, ne danno evidenza e lo promuovono inseguendo su siti e piattaforme le potenziali esche con inserzioni mirate.
Sono corsi che in poche settimane passano dai costrutti principali della programmazione strutturata alle nozioni principali di PHP, CSS e HTML, per poi concentrare gli sforzi su un framework, di norma enorme e complesso, sfruttato nelle sue funzioni base. Un’immersione totale dopo la quale agli studenti non resta, nella pratica, niente: niente database, niente networking, niente server, niente sicurezza, niente protocolli. Solo un repository GitHub clone di decine d’altri, con dentro gli stessi file dei colleghi, e un CV copincollato evidentemente da un unico template uguale per tutti. Tralascio le cifre pagate, non sono affar mio.
Abbiamo parlato con decine di ragazzi formati attraverso queste accademie online: tutte gli hanno pronosticato una trasformazione da pizzaioli, elettricisti, imbianchini, studenti o sfaccendati a sviluppatori software fatti e finiti. Come Goldrake, ma senza libri di cibernetica né insalate di matematica. Quelli che poi abbiamo assunto sono stati tutti splendidi e interessati, partecipi alle attività aziendali, consci del loro status di formandi e curiosi di apprendere nel più breve tempo quante più informazioni possibili, ma l’esperienza comune – la nostra, e quasi sempre anche la loro – è stata coscientemente ma affannosamente in salita.
Mi rendo conto che il mondo della programmazione è esploso, le figure da sviluppatore software sono sempre più richieste e provare a entrare in questo contesto fa gola a chiunque: formatori, discenti e aziende, che possono saziare la loro costante sete di personale.
Ma è davvero possibile vendersi come programmatori in così poco tempo?
La risposta è ovvia. Non si può diventare uno sviluppatore in una manciata di mesi: per presentarsi come professionista è obbligatorio dedicarci tempo, molto tempo e tanta pratica; è fondamentale fare errori e incappare in rompicapi lunghi e artificiosi, è necessario trascorrere nottate tra studio, prove, pugni sulla tastiera e Stack Overflow. Essere un programmatore richiede la conoscenza di algoritmi, di linguaggi di programmazione, di architetture hardware, di nozioni di rete, di basi di dati, di tecnologie e metodi di sviluppo, di framework. Bisogna saper progettare, descrivere, documentare, analizzare, gestire scadenze e trovare soluzioni. Il percorso formativo prevederebbe lo studio di tantissime materie, di cui buona parte acquisibili solo con tanta pratica: esiste un corso di laurea apposito che comunque non è sufficiente – lo scrivo per esperienza personale – figurarsi un corso online.
Si possono imparare i fondamentali, in sei mesi? Sì, forse, ma solo i fondamentali e senza miracoli di elettronica: le accademie dovrebbero essere più trasparenti quando vendono i propri corsi e gli studenti meglio informati su cosa stanno acquistando e su chi diventeranno dopo la formazione.
In così poco tempo non si diventa un ipergalattico.