Non tutti possono diventare programmatori
Sviluppare il pensiero computazionale, acquisire o migliorare gli approcci alla risoluzione dei problemi, alla comprensione delle logiche informatiche o alla progettazione di sistemi è una skill che, secondo me, dovrebbero avere tutti. Non tutti poi, ovviamente, non tutti dovrebbero poi diventare programmatori, non avrebbe senso, per quanto di spazio ce ne sia. Ne ha scritto di recente Antonio Dini sulla sua newsletter Mostly Weekly.
Cosa vuol dire programmare? E tutti lo posso fare? L’idea che si impari ascrivere codice come se si imparasse l’inglese ha senso? In realtà, dipende. Intanto, la programmazione è un sottoinsieme dell’informatica, quindi pensare che tutti debbano programmare ha relativamente poco senso: non è utile. È più utile capire cos’è e come funziona l’informatica, casomai. Comunque, se l’obiettivo è formare programmatori, no, non ha proprio senso che tutti imparino a programmare. Dopotutto, solo una piccola percentuale della popolazione ha le capacità mentali per eseguire una programmazione di livello superiore e non ha molto senso far fare percorsi di guerra mentale obbligatori a tutti per individuare e selezionare i migliori (a meno che non viviate in un romanzo di George Orwell, allora ha già più senso). Il che non vuol dire che invece imparare l’informatica e quindi un modo di pensare (l’approccio del pensiero computazionale) non abbia senso: anzi!