Una possibilità
Sul mio Mac, ma in generale sui vari dispositivi che utilizzo, differenzio sempre il browser (o il profilo del browser) di lavoro da quello privato. Le attività di navigazione, le ricerche, i software web legati al mio universo professionale giacciono in un’istanza dedicata — che, da qualche anno a questa parte, complice l’adozione di Microsoft 365 come suite per la nostra azienda, è Edge — mentre per quelle personali uso Safari sui dispositivi mobili e vagabondo come un cane senza guinzaglio in un parco pubblico di New York sui desktop. Ho usato e uso ancora tutt’ora, a singhiozzo e senza trovare pace, Firefox, Brave, Vivaldi, Chromium e lo stesso Safari. Recentemente mi ero assestato su Firefox ma senza esserne totalmente convinto.
Premetto che non voglio entrare nelle logiche di scelta tra Firefox e browser basati su Chrome: la mia è un’esigenza legata all’esperienza d’uso, alle funzioni, alle estensioni e a una decente (e non necessaria) sincronizzazione delle schede con il browser in mobile.
Peregrinando mi sono imbattuto, prima annusandolo a distanza e poi marcando con decisione il territorio, in Arc di The Browser Company, azienda fondata da ex dipendenti di Instagram, Tesla, Medium, Google Chrome e altre grandi società tech. Lo uso oramai da qualche settimana e, prima di cambiare di nuovo idea, sono abbastanza convinto di esserne soddisfatto.
Ha feature che mi piacciono parecchio e alcune che, me ne rendo conto, hanno anche altri, ma coglie l’impressione di una funzionalità migliore o, quanto meno, di un’implementazione che ne rende l’utilizzo più soddisfacente. Le aree, gli spazi, le personalizzazioni dei siti web, i preferiti ben evidenziati, e poi il mini browser e i link aperti su modale, lo split screen. Sul sito sono ben evidenziate le caratteristiche e online si trova molto materiale a riguardo, non ne faccio liste e recensioni che non ne vale la pena.
Insomma, gli darei una possibilità.