The inconsistency market
In the last few days, LinkedIn sent to me an email to celebrate the anniversary of my registration: there are 14 years that I own an account. After I unsubscribed from Twitter, it is now the oldest social account I have. But it’s the least used, and that’s the least representative of me.
Without mincing words, I think that LinkedIn does not represent no one of their users. It is simply a tool and has no humanity: it useful to show a mannequin of oneself, and to exhibit their stand to prove their crap. They use words as skill, references, leadership, partnership, management, network, possibilities and so on. And that does it in a way that sway from the §embarrassment and the ridiculousness.
To be clear, I used LinkedIn in the past, and I’m sure that I will use it again because it is necessary to float in a sort of business world. But I would like to utilize its email as a justification for writing this post and leave here a reminder: I am not my LinkedIn account.
I’m my email participation, the sociality of my Mastodon profile, my picture stories and the teaching of my books. And I’m this my blog. In addition to everything else.
We create our references writing to us. We develop our opportunities involving us. We involve our skills by sharing us.
We open new networks, telling about us.
Negli scorsi giorni mi è arrivata una mail di auguri da LinkedIn per l’anniversario della registrazione sul social network: sono 14 anni che ho un account. Con la disattivazione del mio profilo Twitter, è l’utenza social più longeva che mi è rimasta. Ma è quella che uso di meno e che meno mi rappresenta.
Fuori dai denti, credo che LinkedIn in realtà non rappresenti quasi nessuno dei suoi utenti. È solo uno strumento e in quanto tale è assolutamente privo di umanità: serve a mostrare un manichino di se stessi, a sfruculiare opportunità e a mostrare la bancarella per vendere le proprie mercanzie. Lo si fa usando termini come skill, references, leadership, partnership, management, network, possibilities e via dicendo. E lo si fa in un modo che, spesso, traballa pericolosamente tra l’imbarazzante e il ridicolo.
Sia chiaro, l’ho usato anche io in passato e sono certo che ancora lo userò, ma approfitto della mail per metterlo qui e lasciarlo come manifesto per il futuro: io non sono il mio account LinkedIn.
Io sono la partecipazione delle mie e-mail, la socialità del mio profilo Mastodon, il racconto delle mie foto e l’insegnamento dei libri che leggo. E sono l’umanità di questo mio blog, oltre a tutto il resto.
Creiamo referenze, scrivendoci. Sviluppiamo opportunità, coinvolgendoci. Miglioriamo competenze, condividendoci.
Apriamo reti, raccontandoci.