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La macchina del tempo

Recentemente ho fatto un lungo e noiosissimo lavoro di backup e archiviazione del contenuto delle mie vecchie caselle di posta elettronica.

Nello scorrere i messaggi, molti dei quali datati inizio secolo, ho incrociato thread e commenti di quando da giovane frequentavo un’associazione culturale, vecchi e sdolcinati messaggi con la mia attuale compagna, scambi di quando WhatsApp era giusto un’idea, alcune battute con vecchi clienti poi diventati amici e condivisioni con colleghi giovani che imparavano a fare cose per le quali sarebbero diventati bravi un po’ di anni dopo.

È stato un tuffo nel passato; una romantica, emozionante e appassionante passeggiata nella mia vita da quasi vent’anni a questa parte. È stato possibile perché per quasi vent’anni, nel bene e nel male, ho usato Gmail come servizio (e come client) per la mia posta elettronica. Senza, probabilmente, non sarebbe stato immaginabile.

Ci ho riflettuto dopo aver letto che oggi, primo aprile, Gmail compie venti anni.

Quando hai abbastanza spazio di archiviazione da non dover mai eliminare nulla, puoi conservare un registro infinito della tua vita. Pacchi, ricevute, itinerari di viaggi passati, messaggi dei tuoi cari, foto, appuntamenti, documenti: puoi semplicemente etichettarli, archiviarli e cercarli in un secondo momento.

Molti di questi sono detriti, ma ci sono momenti speciali mescolati al loro interno. L’e-mail è stata il modo in cui sono rimasto in contatto con i miei genitori quando mi sono trasferito all’estero quando avevo vent’anni. Ora che se ne sono andati, sono grato di avere un ricordo di quell’amore nella mia Gmail. Quando cerco quelle e-mail, mi sembra di fare un salto nel tempo. Ho visto vecchie domande di tirocinio universitario e ho fatto una smorfia guardando il mio vecchio curriculum. C’erano cartoline elettroniche sciocche dei miei compagni del liceo. L’e-mail di rottura più imbarazzante del mio primo vero crepacuore. Un intero piano di battaglia con gli amici per sconfiggere Ticketmaster per i biglietti Hamilton . Piccole cose che mi hanno teletrasportato in un posto diverso della mia vita.

Ho abbandonato Gmail e molti altri servizi Google da qualche mese approdando sui lidi più sicuri e altrettanto funzionali di Fastmail, ma non posso non essere grato a Google per quello che mi ha offerto in termini di servizio (e, oggi, di ricordi) per oltre quindici anni.

Questi ricordi li ho pagati cedendo porzioni della mia privacy e facendo diventare Google l’azienda miliardaria che è oggi, ed è per questo che ho poi deciso di puntare altrove. Ma ciò che mi è stato restituito, a così tanti anni di distanza dalla mia prima registrazione, è stato strepitoso in termini di memoria e di suggestioni.

Oggi la mia mail personale non è più così tanto centrale nella mia vita: le applicazioni di messaggistica hanno preso il sopravvento e comunque, nelle stesse, ho impostato limiti di cancellazione periodica che trasformano i contenuti in materiale molto più effimero di quello che era e che consideravo in passato. Anche la quantità delle parole e dei media scambiati, rispetto a dieci anni fa, è decisamente decuplicata: conservarle per lungo tempo non ne vale più così tanto la pena, soprattutto a fronte di una qualità che mediamente è diminuita.

Tra quindici o vent’anni avrò perso un po’ della mia storia. Mi resteranno poche conversazioni e per lo più con chi frequenta questo blog e ha deciso di scrivermi due righe. Ed è un paradosso, che delle persone a cui voglio più bene perderò tutte le conversazioni perché, seppure non volessi cancellare niente, non posso immaginare cosa ne sarà di WhatsApp, Telegram o Discord tra vent’anni.

Forse dovremmo tornare a dare alle email la centralità che meritano nel nostro presente.