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Liberatomi

Sono generalmente una persona bendisposta e priva di pregiudizi significativi, sufficientemente aperta e positiva verso le novità. Non sono uno scellerato, ho i miei concetti e le mie convinzioni, ma tendo a rivederle di continuo, ad ascoltare e a dare una mia valutazione alle cose — valutazione che può poi creare altri concetti, altre convinzioni, che sono generalmente pronto a variare di nuovo.

Rispetto alla musica, ad esempio1, quando ero ragazzo e conoscevo qualcuno o qualcuna, la prima domanda che facevo era: che musica ascolti? Ecco, se non nominavano nemmeno uno dei due o tre gruppi che ascoltavo io, li etichettavo e, qualche volta, li barravo. Oggi ascolto tante cose diverse, molti generi assolutamente contrapposti gli uni dagli altri e tendo a dare una possibilità più o meno a qualsiasi cosa mi capiti di scoprire o di cui ricevo un suggerimento.

Alcuni artisti, però, alcuni artisti invece no. Perché spesso il genere musicale, la lingua o il tipo di pubblico non mi coinvolgono. E molto spesso sono artisti napoletani, che con Napoli non ho mai avuto un rapporto sano.

Il pregiudizio, quindi, in certi casi è vivo e vegeto, per quanto me ne senta esente, e non mi permette di esplorare. È una cosa inconscia, non lo faccio apposta, ma dacché mi considero una persona senza preclusioni mi trovo a cadere in stupidi e inutili tabù. Ed è una cosa che, poi, quando la scopro, è una cosa che mi fa di quella rabbia.

A ogni modo, in una delle recenti puntate di Tienimi Bordone, il podcast quotidiano di Matteo Bordone su Il Post, si è parlato del Primavera Sound, il mega festival musicale che si è tenuto a Barcellona. Il Primavera, ad esempio, solitamente ha una line-up che non preferisco ma, incuriosito, ho iniziato a spulciare i brani di qualche artista. Ho scoperto, ascoltando l’episodio e curiosando nella lista degli ospiti, che avrebbe performato anche l’artista partenopeo Liberato. Liberato?

Non l’avevo mai ascoltato, Liberato. Mai. Forse giusto il pezzo di esordio e di maggior successo, che qui in Campania per un periodo era da sottofondo un po’ ovunque, ma non sapevo nemmeno di chi fosse. E quindi, meglio disposto, ho deciso di correre ai ripari e di abbattere i miei muri culturali. E ho scoperto.

Ho scoperto che il suo secondo album, dal quale sono partito in questa nostra nuova conoscenza, mi piace parecchio. Che la musica che produce, che è un genere che ascolto poco, è orecchiabile, allegra, entusiasmante. Bella. I testi non sono banali e il mix di inglese e napoletano mi diverte.

A parte l’invito all’ascolto, che è parziale e non necessario, forse quel che voglio fare è invece condividere l’invito a scavallare ogni tanto i propri preconcetti. Che seppure ci si crede bendisposti e privi di pregiudizi, senza troppo attrito ci si troverà a scoprire di averne a fiumi.


  1. Tralascio il mio rapporto con le app e i servizi web su cui, se sei un lettore o una lettrice di questo blog, hai avuto modo di notare la schizofrenia. ↩︎