Da qualche tempo son tornato a lavorare con un Mac, con crescente soddisfazione in termini di produttività, e a non usare più un PC con Windows. Avevo dimenticato quanto era bello lavorarci.
Qualche giorno fa ho fatto una cosa che non avevo mai fatto: dal mio feed reader ho rimosso tutte le fonti legate a siti di notizie generaliste. Tralasciando qualche sito di news tecnologica, ora ho in lista quasi esclusivamente blog.
Si parla di libertà e di muscoli, per finire. Ma si inizia con le AI, il Garante della Privacy e altre cose così. Nel mezzo: Apple che vorrebbe licenziare, Mastodon che riuscirebbe a sorprendere e Gordon Moore.
Dallo scorso weekend non sono più attivi i feed RSS de Il Post e io manco lo so più consultare, il sito web di un giornale. Fortunatamente a sfregare la lampada del web delle volte il genio vien fuori.
Non mi aspetto di ricevere dalle AI risposte emotivamente coinvolgenti né eccezionalmente illuminanti, né che siano dotati di empatia e umanità: è calcolo delle probabilità misto a un imponente lavoro di scraping i cui output sono correnti e sorprendenti.
La perfezione non ci migliora, ci illude e ci appiattisce. Ci lusinga e ci tronca in asso a tempo zero, ci condanna e ci frustra, per poi abbandonarci all’illusione successiva.
L’idea è quella di rimuovere il superfluo o ciò che non piace per recuperare più tempo, per scoprire un migliore approccio, per valutare un criterio diverso o guardare con un nuovo punto di vista. Non è il Sacro Graal, ma certamente è un nuovo stimolo al miglioramento pochissimo oneroso in termini di tempo e di impegno.
Si parla di due Internet, di quella bella e di quella orribile, di quella che ti lascia senza fiato e di quella che ti lascia senza parole. Poi di Mozilla che vuole costruire un’AI etica; della scuola che dovrebbe, con l’AI, ma non riesce; della posta su iCloud che ancora non lo so.
Per Bill Gates l’intelligenza artificiale è la seconda rivoluzione tecnologica dopo l’interfaccia grafica (GUI) che ha trasformato i sistemi operativi – Windows in primis.
I media e la popolazione non sono preparati a classificare correttamente le clip prodotte da un’intelligenza artificiale rispetto a quelle registrate da una voce reale.