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2019


Che è una meraviglia

Non pubblico spesso. Non perché non mi piaccia farlo o perché non ne abbia voglia. Non lo faccio perché pubblicare due righe, anche solo due righe, è faticoso in termini di produttività. Significa che ho assorbito una riflessione, che ho maturato il modo di comunicarla e soprattutto che ho avuto – durante interminabili giornate dove lavoro e vita si intrecciano senza requie – il tempo per sintetizzarla, scriverla e rifinirla. A prescindere dai numeri, da chi lo leggerà o dalla validità del messaggio: pubblicare un post è impegnativo. Ma proprio perché oneroso in termini di impegno quotidiano, è una cosa che trovo di una soddisfazione inesprimibile. È una promessa facile da mancare, ma se mantenuta, appaga che è una meraviglia.

Menare schiaffi al vento

Un paio di settimane fa Facebook ha ricevuto una multa da 5 miliardi di dollari dalla Federal Trade Commission in USA. Nello stesso giorno le azioni sono aumentate del 2%, il suo valore di 10 miliardi di dollari. La multa non ha cambiato il modo in cui la società raccoglie e condivide i dati, gli investitori hanno quindi sostenuto l’azienda perché il modello di business è rimasto invariato e vincente: investire in Facebook risulta ancora assai redditizio.

Nient’altro che bambini

Molto bambini indiani, sin da piccoli o da molto piccoli, vengono iscritti a corsi di coding e producono da soli i propri videogiochi. Gli viene insegnato l’approccio digitale, facilitato con elementi grafici, sviluppando una comprensione critica e non passiva delle tecnologie. Giocano producendo software, facendo sfide in Phyton o puzzle game in linguaggi di sistema: vengono introdotti al pensiero logico e alla risoluzione dei problemi.

Rinviare è un problema esistenziale

La procrastinazione è uno stato d’animo. Non è un approccio errato al lavoro ma la reazione a una condizione psicofisica negativa indotta da ansia, noia, insicurezza, bassa autostima, frustrazione eccetera. È un problema legato alle emozioni e non alla produttività.

Le storie di ieri

Il mio primo viaggio all’estero lo feci a Praga. Ero con degli amici e raggiunsi la città d’estate, in treno e con pochi soldi. Ma Praga costava poco, la corona ci permetteva di scialare, eravamo ricchi. Una birra da mezzo litro, me lo ricordo ancora, al cambio faceva 50 centesimi di euro. Sarà che avevo 21 anni, sarà che era la mia prima volta all’estero da solo, ma quella birra era buonissima. Un hot dog in strada, poi, costava solo 15 centesimi. Con un euro mangiavo e bevevo, a Praga nel 2004. Ad ogni angolo.

2017


Personale e partigiano

Benvenuti nel mio ennesimo blog personale. L’ultimo, prima di aprirne un altro – ovviamente. Si inizia.